Timidezza e introversione non sono la stessa cosa. La timidezza è la paura dei giudizi negativi, l’introversione è una preferenza per la quiete e ambienti il meno caotici possibile.
Secondo Susan Cain, autrice del libro “Quiete: il potere degli introversi in un mondo che non riesce a smettere di parlare”, timidezza e introversione possono essere mappate lungo gli assi di un piano cartesiano. Sull’asse orizzontale collochiamo il continuum introversione-estroversione e sull’asse verticale lo spettro ansia-stabilità.

Questa divisione evidenzia quattro tipologie di persone: quelle calme estroverse, quelle ansiose estroverse, quelle calme introverse e quelle ansiose introverse.
Timidezza e introversione sono due caratteristiche giudicate negativamente nella nostra società, questo le accomuna e spesso porta a confonderle.

Il contributo nel gruppo di lavoro

Il mondo del lavoro premia chi parla molto rispetto a chi ascolta in silenzio. Per questo agli occhi del datore di lavoro, durante la riunione, non c’è differenza tra un introverso timido e un introverso stabile, entrambi non partecipano. In verità la differenza è enorme.
I pensieri tipici che affollano la testa del timido introverso durante una riunione di lavoro con più persone sono:
– la ricerca del momento adatto per esprimere la propria opinione
– il controllo ossessivo della forma e del contenuto dell’affermazione che siamo sul punto di fare
– il rimuginio legato alle frasi non dette, perché espresse da qualche collega o perché ormai fuori argomento
Il timido introverso non riesce a seguire il flusso della riunione perché si concentra su elementi circoscritti. Spesso se viene interpellato sta pensando ad altro e poiché si sente minacciato può reagire in modo scontroso.

L’introverso stabile, a differenza dell’ansioso, pensa a quanto viene detto in riunione e segue il flusso degli argomenti. Non interviene ma elabora in modo approfondito i suoi pensieri e quelli del gruppo. Non intervenire lo pone in una condizione diversa rispetto alle persone che intervengono molto.
Una strategia molto usata in ambito pubblicitario è il flusso di coscienza a voce alta. Pronunciando a pieni polmoni il contenuto delle proprie riflessioni si impedisce al cervello di pensare in modo analitico e si procede per associazioni di idee. Le associazioni di idee non hanno mai la caratteristica della speculazione mirata alla risoluzioni di problemi ma producono delle vicinanze interessante. L’estroverso, quello che ha pronunciato il flusso di idee si esalterà e convincerà gli altri emotivamente. L’introverso stabile avrà capito il significato di quelle associazioni e visualizzato mentalmente i possibili scenari applicativi.
Entrambi i ruoli sono fondamentali ma solo uno risalta durante la riunione.

Essere competitivi

Oggigiorno l’ambiente di lavoro è sempre più competitivo. Il timido è completamente inadatto ad affrontare queste lotte, il suo atteggiamento generale è di sottomissione.
L’introverso invece è capace di sostenere la sua posizione, anche in pubblico, solo sembra meno esaltato degli altri.

Creare gruppo

L’introverso non fa gruppo, gli costa troppe energie, normalmente declina le occasioni in cui socializzare con i colleghi fuori dal lavoro.
Il timido invece non disdegna le serate tra colleghi ma solo se viene invitato e meglio se in gruppo ristretto.
Oggi va molto di moda il team building, per creare coesione tra i dipendenti della stessa azienda. Queste situazioni sono tollerate molto peggio dall’introverso rispetto al timido.

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